martedì, marzo 31, 2009

 

Abidjan

Come accennato nel post precedente, la tragedia di Abidjan ha segnato il fine settimana di rincorsa a Sudafrica 2010: vi rimando di nuovo al Bar delle Antille.
La Misna, intanto, comunica che il governo e le autorità sportive della Costa d'Avorio hanno promesso di individuare e processare i responsabili dell’incidente che ha provocato domenica la morte di almeno 22 persone all’ingresso dello stadio di calcio della capitale. A causare la strage, prima dell’inizio della partita Costa d’Avorio-Malawi, sembra esser stato lo sfondamento di un cancello da parte di un gruppo di tifosi.

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Panoramica: qualificazioni con tragedia

Campionati fermi in tutto il globo calcistico: la palla infatti nel weekend è passata alle qualificazioni ai Mondiali di Sudafrica 2010. Dall’Europa all’Asia, dal Sudamerica all’Africa, dall’Oceania all’America centro-settentrionale, un pianeta intero è finito – è proprio il caso di dirlo – nel pallone. Il che non è sempre è buona cosa. Come è successo ad Abidjan, capitale della Costa d’Avorio. Un copione già visto: la folla senza biglietto che vuole entrare per assistere alla partita tra i padroni di casa e il Malawi (5-0), la ressa, la polizia che carica, l’isteria generale: 22 morti e 132 feriti.
Altrove invece la follia è puramente calcistica. Come in Argentina. La Seleccìon targata Maradona polverizza 4-0 il Venezuela, ed è festa. Festa per Lionel Messi, autore del primo gol e della solita sfilza di magie: festa per Carlos Tevez, che in maglia biancoceleste conosce le gioie che Ferguson gli nega al Manchester United; festa per Sergio Aguero, che si presenta in campo con suo figlio nato da poco che – guarda caso – è anche nipote di Maradona.
Tutt’altro clima in casa Brasile, che orfano di Kakà impatta 1-1 contro l’Ecuador. La classifica del girone unico sudamericano dice Paraguay 23, Argentina e Cile 19, Brasile 18. Un solo punto di distacco tra Seleccìon e Seleçao. Forse non c’è grande differenza dal punto di vista matematico, ma il calcio – specie quello sudamericano – è fatto soprattutto di umori, sensazioni, irrazionalità. E se a Buenos Aires splende il sole, a Rio de Janeiro è buio fitto, tra le polemiche sul ct Dunga, il solito polverone Adriano e l’assenza di Kakà.
E arriviamo all’Europa. Tra certezze, sorprese, e delusioni. Iniziamo dalle prime. Innanzitutto la Spagna (gruppo 5), cinque vittorie su cinque, l’ultima 1-0 sulla Turchia. Poi la Germania (4), 13 punti in cinque partite, 4-0 al Liechtenstein. L’Inghilterra (6), ferma nel weekend ma in testa al suo girone con 12 punti, bottino pieno in quattro partite. L’Olanda (9), stesse cifre dell’Inghilterra, 3-0 alla Scozia. E ovviamente l’Italia, di cui però si parla con abbondanza altrove.
Ma c’è un’altra Europa dietro le big, che gioca a pallone e sa occasionalmente stupire. Ad esempio l’Ungheria, prima nel girone 1 a pari punteggio con la Danimarca e corsara in Albania con il punteggio di 1-0. E soprattutto l’Irlanda del Nord. Cosa si sa di questo piccola, turbolenta appendice anglosassone in Irlanda se non che è la terra natale di George Best ed è divisa tra cattolici e protestanti, che si contendono da decenni la miglior marca di cristianesimo? Errore, l’Ulster non è solo passato, ma anche presente: 3-2 alla Polonia e vetta del gruppo 3 a 10 punti.
Le grandi deluse (e pericolanti). Portogallo e Svezia avrebbero dovuto dominare la scena e invece il loro percorso è incerto e balbettante. Tanto che a dettare il ritmo nel gruppo 1 sono Danimarca e Ungheria, a 10 punti. Lusitani e svedesi si sono trovati gli uni di fronte gli altri. Una buona opportunità per spazzare via dubbi e rilanciarsi alla grande, mettendo al contempo ko il rivale. E invece la grande occasione si è tradotta in uno scialbo 0-0 che non fa altro che alimentare polemiche e rimpianti.
Chiosa finale con la Francia, ai piedi di monsieur Franck Ribery. Contro la Lituania serviva una vittoria, e vittoria è stata, grazie alla rete del giocatore del Bayern Monaco, sempre più uomo squadra di questi Bleus ancora senza identità. La panchina dell’inviso ct Raymond Domenech era a rischio, Ribery le ha dato una stretta di bullone. Ma la situazione resta complicata: terza nel gruppo 7, a sette punti, alle spalle di Serbia (12) e Lituania (9). Ma con una partita in meno.
(Marco Arceri, Nexta Media)

Date un'occhiata anche qui: Carlo è sempre il migliore.

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sabato, marzo 28, 2009

 

L'Africa si gioca il "suo" Mondiale


Ci siamo. Venti squadre ancora in lizza, 5 i posti disponibili per affiancare il Sudafrica nella coppa del mondo del prossimo anno. L'Africa, che a Usa '94 aveva ancora solo 3 rappresentanti, in Sudafrica arriverà a 6 per la prima volta. Delle 5 presenti in Germania già eliminata l'Angola. Ancora in corsa Togo (che però è nel girone del Camerun), Ghana, Costa d'Avorio e Tunisia. Quest'ultima è inserita nel gruppo della Nigeria, l'unica squadra ad aver vinto tutti e 6 gli incontri della fase precedente.
Il via, oggi, a Kigali, dove l’Algeria cercava il suo primo successo lontano da casa nelle qualificazioni mondiali dal 2003. E' andata male: all’Amahoro Stadium è finita 0-0, risultato che farà piacere all’Egitto, impegnato domani sera in casa con lo Zambia e strafavorito per la vittoria finale nel girone.
Nell'altra gara del pomeriggio (Kenya-Tunisia), invece, le Aquile di Cartagine hanno vinto 2-1 a Nairobi lanciando un segnale forte alla Nigeria, la grande rivale del gruppo in campo domani a Maputo, in Mozambico. La Tunisia si è qualificata per gli ultimi 3 mondiali e con il successo sul Kenya sembra decisa a dar battaglia alla Nigeria, teoricamente favorita per la conquista del primo posto nel gruppo B che garantisce il biglietto per Sudafrica 2010. La squadra del portoghese Coelho è passata in vantaggio al Nyayo National Stadium con una rete di Ammar Jemal al 5’ servito da Ben Khalifa. Il miglior giocatore del Kenya, Dennis Oliech ha avuto due chiare occasioni da rete riuscendo a pareggiare al terzo tentativo al 70’: fuga di Patrick Oboya a sinistra cross e conclusione mancina dell’attaccante dell’Auxerre. La sua quinta rete nelle ultime 4 gare di qualificazione mondiale però non è bastata. La Tunisia ha impiegato due minuti per riportarsi in avanti con Issam Jomaa, resistendo poi fino alla fine. Jomaa, mancino che fa panchina nel Lens, seconda divisione francese, evidentemente a Nairobi si trova a suo agio: ieri ha approfittato di un errore difensivo segnando un gran gol con un tiro potente da 20 metri, nel 2005 nella capitale kenyana fece il suo primo gol con la nazionale tunisina. Con la rete di ieri (la terza nelle qualificazioni) è arrivato a 14 in 32 presenze. Partita dura, giocata su un campo in pessime condizioni e condizionata dal caldo umido. Il parmense McDonald Mariga ha giocato tutto l’incontro ma la sua buona prestazione non è stata sufficiente per il Kenya, destinato con ogni probabilità a giocarsi il terzo posto nel girone col Mozambico.
I tunisini partivano comunque favoriti: il Kenya ha cambiato allenatore solo alla fine di febbraio, affidandosi al tedesco Hey, 38enne che allenava in Liberia. La cacciata del precedente tecnico, l'ottimo keniano Kimanzi, ha fatto imbestialire i giocatori tanto che la stella della squadra, Oliech, aveva minacciato di lasciare le Harambee Stars. Il Kenya non ha mai battuto la Tunisia in competizioni ufficiali e aveva perso 1-0 gli ultimi 3 incontri.

Primo turno nel weekend, poi di nuovo i campo a giugno (due volte), a settembre, ottobre e novembre. Sei partite che decideranno anche chi andrà alla Coppa d'Africa in Angola nel gennaio del 2010. Le prime classificate vanno al mondiale e alla Coppa d'Africa, seconde e terze solo alla competizione continentale. In questo turno si giocano 6 partite sabato e 4 domenica.
Tra i convocati delle 20 nazionali la percentuale dei professionisti è enorme. Ci sono rose composte esclusivamente da calciatori impegnati fuori dal proprio paese (e soprattutto in Europa), a vario livello. L'eccezione è l'Egitto, che grazie a un campionato forte economicamente e tecnicamente può permettersi di tenere in patria i giocatori migliori. La squadra di Shehata, uno dei pochi allenatori africani, 5 su 20, esattamente come i francesi, ha solo da 7 professionisti su 24. Gli 'italiani' coinvolti in questo primo turno sono 7: gli interisti Muntari (Ghana) e Obinna (Nigeria), Asamoah (Udinese, Ghana), Diamoutene (Roma, Mali), Kharja (Siena, Marocco), Mariga (Parma, Kenya), Aubameyang (Avellino,Gabon). Lo juventino Sissoko era squalificato ed è infortunato.

Queste le gare del weekend, divise per gironi.
Gruppo A - Il piatto forte è la sfida tra Eto'o e Adebayor, i due grandi attaccanti di Barcellona e Arsenal. Togo e Camerun si sfidano sabato alle 17 all'Ohene Djan di Accra, Ghana, per una squalifica inflitta al Togo. Gli Sparvieri hanno impiegato 6 mesi per sostituire il ct francese Stambouli scegliendo il 62enne belga Thissen, un passato sulla panchina del Gabon, inserito in questo girone. Thissen è arrivato il 3 marzo e ha subito convocato Adebayor, fermo per l'infortunio riportato contro il Tottenham l'8 febbraio scorso. "Giocherà", ha detto il belga, per la gioia di Arsene Wenger. Per Otto Pfister, 5 vittorie su 6 nella prima fase, nessun problema: ha convocato 23 giocatori tesserati in Europa e ha l'imbarazzo della scelta. Il Togo ha battuto i Leoni Indomabili giusto 2 volte in 17 partite. L'altra gara è Marocco-Gabon. In panchina due francesi di nome, Lemerre e Giresse, sul campo non dovrebbe esserci molta storia anche se le Pantere hanno fatto bene nel girone precedente contro Ghana e Libia. Giresse ha convocato i fratelli Aubameyang, nati in Francia e tesserati per il Milan: Willy è all'Avellino, Pierre-Emerick al Digione. L'altro fratello, anche lui ex milanista, Catilina non è stato chiamato. Il padre dei 3, Pierre, giocò nella Triestina e fu capitano della nazionale.
Gruppo B - Come detto la Tunisia ha vinto in Kenya. Domani alle 15 il Mozambico ospita la Nigeria, incontro inedito nel panorama internazionale. I lusofoni si affidano all'inossidabile Tico Tico, 35 anni e un contratto nella serie B sudafricana: sinceramente non sembra poter bastare. Le Super Aquile, al momento guidate dal nigeriano Amodu, sono senza Yobo, Yakubu e Anichebe ma torna 'Obagoals' Martins. L'ex interista non ha ancora giocato un minuto nelle qualificazioni ma la Nigeria non ne ha risentito eccessivamente. Anche i nigeriani convocati giocano tutti in Europa. Tra i nomi più noti il sempreverde Kanu, Obi Mikel, Taiwo, i fratelli Uche.
Gruppo C - Egitto-Zambia chiuderà il weekend africano. Al Cairo (19.30 italiane) i campioni d'Africa, assenti dal mondiale da Italia '90, aspettano lo Zambia del francese Renard. È l'occasione per vedere Mido e Zaki, coppia d'attacco del Wigan che per infortuni vari da gennaio è scesa in campo insieme solo una volta, contro il Liverpool. L'ex romanista sinora ha giocato 5 minuti 5 nelle qualificazioni. La gara dovrebbe essere a senso unico, con lo Zambia che si affida al gruppo dei 'sudafricani': i tanti professionisti, guidati da Mbesuma, che si guadagnano da vivere nel Paese del mondiale. L'altra partita è decisamente più aperta. A Kigali il Ruanda sfida l'Algeria. Il ct croato Branko Tukac ha detto di voler fare storia, ma a disposizione ha mezzi limitati: le Vespe si appoggiano sul capitano Karekezi (Ham Kam, Norvegia) e su alcuni oriundi: l'ivoriano Oulai (terza divisione belga), i congolesi Lutula e Lezi (seconda divisione belga). L'Algeria è senza Ziani, il difensore del Marsiglia, squalificato.
Gruppo D - Il Ghana gioca domenica a Kumasi contro il Benin, qualificatosi a sorpresa per l'ultima Coppa d'Africa. Il ct serbo Rajevac è deciso a puntare sul capitano Appiah, perseguitato dagli infortuni, inseguito dai creditori e senza squadra da un anno, ma decisivo (un gol e un assist) nel 2-2 del mese scorso al Cairo con l'Egitto. Il ritorno di Essien è ovviamente la nota lieta per le Black Stars. Convocato Rahim Ayew, figlio di Abedì Pelé, ma non Dede, l'altro erede dell'ex torinista che ha partecipato all'ultima Coppa d'Africa. Il Benin è aggrappato a Omotoyossi, 6 gol in 6 partite sinora. In Sudan-Mali potrebbe arrivare la sorpresa, tra l'altro pagata molto bene dai bookmaker. Il Sudan, semisconosciuto, si è appena affidato ad un inglese altrettanto oscuro, il londinese Stephen Constantine, 'strappato' al Malawi, ma ha un gruppo solido e affronta un Mali decimato dagli infortuni. Assenti il Diarra del Madrid, il bianconero Sissoko e il difensore Drissa Diakite. C'è però Kanoute: 10 gol nelle ultime 7 partite col Siviglia. Le due squadre si sono affrontate nella fase precedente: 3-0 per il Mali a Bamako, 3-2 per il Sudan nel ritorno.
Gruppo E - Domenica (ore 19) ci sarà l'esordio di Drogba in queste qualificazioni mondiali. All'Houphouet Boigny di Abidjan, contro il Malawi di Kinna Phiri. L'attaccante del Chelsea ha saltato la fase precedente per infortunio. Halilodzic non ha Yaya Toure, ma l'avversario è davvero modesto, soprattutto fuori casa. Nelle tre sfide precedente gli Elefanti hanno sempre battuto le Fiamme. Molto più interessante la sfida tra Burkina Faso e Guinea (sabato alle 19). Gli Stalloni non battono la Guinea dal 1968 (rigori esclusi) e puntano tutto su Dagano, capocannoniere della prima fase con 7 reti. Il Burkina del portoghese Duarte, ex pupillo di Mourinho, ha segnato 14 reti nella prima fase. Nouzaret, che ha convocato solo 'europei' a parte il portiere di riserva, ha due giocatori chiave come Fode Mansare e Ismael Bangoura acciaccati.
(Filippo Maria Ricci, Gazzetta.it)

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Il calcio di rigore perfetto

Subito dopo la figuraccia planetaria dei giovani portoghesi, un gruppo di ricercatori della John Moores University, di Liverpool, avrebbe elaborato la formula matematica per calciare un rigore imparabile.
Dopo una ricorsa di 5-6 passi bisogna colpire il pallone con angolo di 20 o 30 gradi e dargli una velocita' di 105 chilometri orari, puntando mezzo metro sotto la traversa e mezzo metro verso l'interno della porta.
Per intercettarlo il portiere dovrebbe avere almeno una laurea in Trigonometria Quantistica.
(Fonte: AGI)
Beh, io l'ho presa da Cacao.

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Una Coppa pulita


Come annunciato ieri, ecco cosa mi ha raccontato Danny Jordaan, CEO del Comitato organizzatore di Sudafrica 2010, per il Manifesto:

Danny Jordaan, presidente del Comitato organizzatore di Sudafrica 2010, è a Milano per presentare la Confederations Cup di giugno e lo stato dei lavori per i Mondiali del prossimo anno. La prima Coppa del Mondo organizzata da un Paese africano è alle porte e l'ex insegnante-calciatore-attivista anti-Apartheid-dirigente dell'Anc (57 anni), vuole correggere l'immagine di una nazione disorganizzata e in ritardo circolata con l'avvicinarsi dello storico traguardo. I ritardi, in alcuni casi, erano reali come a Port Elizabeth (che è la città natale di Jordaan e ha perso la Confederations Cup) ma per lo più si tratta di problemi comuni a ogni organizzatore di grandi eventi. Basti pensare a Pechino 2008 o, per guardare a casa nostra, a Italia '90, con gli ultimi «ritocchi» fatti in corsa la mattina della giornata inaugurale.
Mr. Jordaan, ha mai avuto la sensazione che Blatter potesse davvero decidere di spostare il Mondiale altrove, negli Usa o in Australia?
Non esiste essere umano sulla terra che possa togliere il Mondiale al Sudafrica. Solo Dio potrebbe farlo. Quando investi 3 miliardi di euro nell'organizzazione di un simile evento, è ovvio che ci siano dei contratti a tutelarti. Nessuno può svegliarsi una mattina e decidere di spostare altrove il Mondiale, a meno che non si verifichi un disastro naturale, come un terremoto, per esempio. Abbiamo dei contratti firmati e tutti li onoreranno.
E il problema della sicurezza che spaventa la Fifa?
Negli ultimi tempi abbiamo avuto a che fare con attacchi xenofobi, gravi senza dubbio, ma del tutto estemporanei. Nessuno può pensare di punire il nostro paese per quei fatti.
I tifosi saranno al sicuro?
Al 100%. Vi assicuro che tutto andrà per il meglio, nessuno è preparato quanto lo siamo noi. E in ogni caso è troppo tardi, stiamo già vendendo i biglietti.
Impiegherete anche l'esercito?
No, i soldati resteranno fuori da ogni fase dell'organizzazione, non saranno necessari e non vogliamo creare un impianto militaristico, sarebbe pessimo anche per la nostra immagine. Abbiamo investito più di cento milioni di euro nella sicurezza, per aumentare di 41mila unità le forze di polizia e addestrare 45mila steward. Sarà più che sufficiente.
Qualcuno pensa che i vostri nuovi modernissimi stadi possano diventare delle cattedrali nel deserto dopo il Mondiale: enormi impianti per il calcio costruiti in quartieri bianchi, dove si seguono solo rugby e cricket, e troppo lontani per la gente dei quartieri neri, che non potrà permettersi di pagare il biglietto per arrivare allo stadio.
Queste differenze non hanno più senso. L'Apartheid creò aree bianche e aree nere, ma oggi il paese appartiene a tutti noi, senza distinzioni. Ci sono bianchi che vivono a Soweto e neri che vivono a Sea Point (quartiere di Cape Town, ndr). Per cui, dove sarebbero questi «quartieri bianchi»?
Beh, ha citato tutti quartieri «bene». Soweto non è più il ghetto di qualche anno fa. Da Philippi (uno degli slums di Cape Town, ndr) allo stadio di Green Point però può essere un viaggio impossibile...
Il Mondiale si gioca a Cape Town, nel tuo paese, potrai viverlo da vicino, più di quanto ti capiterà mai di farlo in tutta la tua vita. Dovremmo forse portare le partite a Philippi? Lo stadio appartiene a tutti i cittadini che pagano le tasse. Vede, il Mondiale è stato organizzato dall'Italia, dagli Stati Uniti, dalla Germania, da Giappone e Corea. In ogni Paese, gli stadi saranno stati troppo lontani per qualcuno. In Italia, nel 1990, non avrà avuto le partite esattamente dove le sarebbe stato più comodo, immagino.
In Sudafrica però certe divisioni sembrano ancora molto evidenti.
Conosco un po' la vostra storia, Garibaldi e Cavour: avete dovuto far coesistere nord e sud del paese per creare un'unica nazione. Anche per noi non è un'operazione facile e veloce. La promulgazione di una Costituzione democratica non ha trasformato automaticamente il Sudafrica in un paese democratico e non razzista. Ma ci arriveremo insieme, bianchi e neri, poveri e ricchi. Un paese diviso e razzista corre gravi rischi, guardate la Bosnia o il Ruanda. Ma noi abbiamo una visione e un futuro comune e il Mondiale faciliterà questo processo. La gente sa che ci sarà più lavoro, che aumenteranno le opportunità. Trasporti migliori, infrastrutture migliori, più tecnologia, più benessere. Arriveranno investimenti in dollari e in euro. I sudafricani lo sanno, il Mondiale aiuterà il nostro paese, anche a essere più ottimista.
Cosa pensa della mancata concessione del visto al Dalai Lama?
Non posso esprimere un giudizio, perchè non faccio parte degli organizzatori di quel Congresso. Sarebbe stupido fare annunci alla stampa a proposito di qualcosa che non conosco a fondo.
Qual è l'obiettivo dei «bafana bafana» ai Mondiali 2010?
Non saprei, io sono responsabile dell'organizzazione del torneo, c'è una federazione che si occupa della nazionale sudafricana. Quello che posso dire è che il successo di un Mondiale è legato a quello della squadra di casa. Se il Sudafrica uscisse subito, la gente perderebbe un po' di interesse, è ovvio. Ma questo sarà un Mondiale di tutta l'Africa, non solo del Sudafrica, e per tutti noi sarebbe fantastico se una delle sei squadre di questo continente presenti al torneo arrivasse in semifinale.
Come se la cava il nuovo ct Joel Santana? E' sembrato un ripiego, una seconda scelta...
E' un buon allenatore. Non era la prima scelta, ovvio. Purtroppo il suo predecessore, Parreira, ha dovuto rinunciare.
Il Sudafrica perse i Mondiali del 2006 per il voto comprato di un membro della Fifa, Charles Dempsey. Ricorda?
La prima cosa che mi disse il presidente Mandela fu: «Fai qualunque cosa per portarci il Mondiale, ma in modo pulito. Non pagheremo tangenti, non faremo regali. A nessuno e per nessun motivo». Io mi sono attenuto alle sue istruzioni. Credo sia nostro dovere cercare di cambiare le regole del gioco. Il fatto che si dica che tutti lo hanno sempre fatto, non implica che debba continuare così per sempre.

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venerdì, marzo 27, 2009

 

Il Sudafrica premia Fidel Castro per la lotta contro il razzismo

L’ex presidente cubano Fidel Castro riceverà la massima onorificenza che lo stato sudafricano possa conferire a un cittadino straniero: la medaglia d’oro dell’Ordine dei compagni di Oliver Reginald Tambo. Lo ha annunciato oggi l’ufficio della presidenza sudafricana. Venerdì prossimo, il presidente Kgalema Motlante, in una cerimonia a Pretoria, consegnerà onorificenze di diverso tipo a 28 persone, ma è improbabile che Castro, che un anno fa ha lasciato l’incarico di capo dello Stato per motivi di salute, possa essere presente. Nelle motivazioni del riconoscimento, diffuse in un comunicato, si precisa che la scelta di Castro è stata fatta per il suo contribuito alla lotta contro il razzismo, il colonialismo, l’apartheid e l’ineguaglianza. Istituita nel 2002, l’onorificenza dell’Ordine dei compagni di O.R. Tambo ricorda il politico sudafricano che fu uno delle guide della lotta contro l’apartheid, presidente dell’African national congress, in esilio per molti anni.
(Fonte: Misna)

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Danny Jordaan a Milano


"Il Sudafrica è pronto ad ospitare la prima Coppa del Mondo del continente africano". Ne è orgogliosamente convinto il presidente del Comitato Organizzatore dei mondiali sudafricani del 2010, Danny Jordaan (immagine), che, ieri mattina, a Milano, ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione della Confederations Cup. "Gli stadi per i mondiali saranno pronti a ottobre - garantisce - e saranno gli stadi migliori in cui si sia mai giocato un mondiale". I timori per la sicurezza sono infondati, assicura Jordaan: "Per garantirla abbiamo investito più di cento milioni di euro - spiega - per aumentare di 41 mila unità le forze di polizia, addestrare 45 mila steward e aumentare il numero degli elicotteri disponibili".
Sarà un bel Mondiale? Probabilmente. Il punto è: cosa lascerà alla Rainbow Nation?
Vedremo. Domani, pubblicherò nel blog la versione integrale dell'intervista a Jordaan che ho realizzato per il Manifesto.

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martedì, marzo 24, 2009

 

Il Sudafrica nega il visto al Dalai Lama e gli altri Nobel boicottano la conferenza

Altro copiaincolla (da Repubblica.it), ma fondamentale. E approfondirò l'argomento, promesso:

Dopo il rifiuto degli altri Premi Nobel di partecipare alla conferenza per la Pace legata ai Mondiali di calcio che si terranno in Sudafrica nel 2010, dal momento che il governo aveva negato il visto al Dalai Lama, gli organizzatori hanno deciso di rinviare il meeting. "Gli organizzatori hanno deciso, nell'interesse della pace, di rinviare la conferenza sulla pace in Sudafrica", ha dichiarato il presidente del Comitato Irvin Khoza, uno dei responsabili locali dei Mondiali del 2010.
Pretoria aveva reso noto ieri di aver rifiutato, in nome dell'interesse nazionale, di concedere un visto di ingresso nel paese al leader spirituale tibetano, che avrebbe dovuto prendere parte venerdì prossimo, 27 marzo, a una conferenza a Johannesburg sul calcio come strumento di lotta contro il razzismo e la xenofobia.
Il comitato del Nobel per la pace e due premi Nobel sudafricani, Desmond Tutu (nella foto, con il Dalai Lama, ndr) e Frederik de Klerk (ex presidente sudafricano) avevano detto subito che avrebbero boicottato l'incontro se il Sudafrica, organizzatore della Coppa del mondo, non avesse fatto marcia indietro sulla decisione.
Nel corso di una conferenza stampa a Johannesburg, Irvin Khorza ha spiegato che "il governo sudafricano ha convinto il Dalai Lama a rinviare la sua visita in questa fase". Una decisione giustificata dalla "realpolitik" dei rapporti con la Cina, che condivide col Sudafrica il 20% dei suoi commerci nel Continente nero.
"Dato che la finalità della conferenza è la pace", ha aggiunto Khorza, "gli organizzatori non vogliono mettere il comitato del Nobel in una situazione che lo porrebbe in conflitto con i suoi premiati".
Il visto negato al leader spirituale tibetano rischia di trasformarsi in un autogol per il Sudafrica, soprattutto dopo che il presidente dell'African National Congress (Anc), Kgalema Motlanthe, aveva ammesso che la decisione è stata presa perché il Sudafrica sarebbe stato "fonte di pubblicità negativa per la Cina" quando invece dà "molto valore ai rapporti con Pechino". Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Qin Gang, ha ribadito "l'assoluta contrarietà" di Pechino a qualsiasi contatto tra governi stranieri e il Dalai Lama o a che gli vengano offerte "tribune per le sue attività separatiste".

Durissime le parole di Desmond Tutu: "Se viene rifiutato il visto a sua santità, non prenderò parte alla prossima conferenza di pace legata ai mondiali di calcio. Condannerò il comportamento del governo come vergognoso, in linea con il nostro pessimo comportamento al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, come un totale tradimento della nostra storia di lotta. Stiamo cedendo in modo vergognoso alle pressioni cinesi. Mi vergogno profondamente e me ne rattristo".
Servono altri commenti?

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lunedì, marzo 23, 2009

 

L’oro a +6,6% fa temere il peggio

Non è molto, dopo mesi, ma riporto questo bell'articolo di Loretta Napoleoni (foto), dal sito il caffè:

La Federal Reserve prende tutti di sorpresa e a metà settimana inizia a comprare sul mercato internazionale le obbligazioni del governo americano per un valore di 300 miliardi di dollari. È una manovra che consolida la strategia del quantitative easing adottata sulle due sponde dell’Atlantico. Ed infatti i tassi dei buoni del tesoro a 10 anni sono subito scesi mentre gli indici del mercato azionario sono saliti. La manovra funziona allora? Non tutti ne sono sicuri, anzi c’è chi fa presente che altri indicatori confermano che il mercato teme il peggio e che l’inaspettato e massiccio acquisto di obbligazioni governative è l’ennesimo segno di debolezza del sistema.
Ed ecco gli indici negativi: il dollaro che perde quota rispetto all’euro e allo yen e il prezzo dell’oro che in una giornata sale del 6.6%.
L’oro tutti lo sanno è un bene rifugio, nei momenti di crisi e di grande incertezza, come quello attuale, chi ha soldi da investire acquista lingotti o investe nell’industria aurifera. L’oro protegge anche contro l’inflazione, dopo la seconda crisi petrolifera, quella legata alla rivoluzione Komeinista, il prezzo del metallo giallo è schizzato ed ha raggiunto quota 800 dollari l’oncia dove è rimasto per lunghi periodi prima di ricominciare a scendere intorno alla metà degli anni ’80 quando l’inflazione è rientrata.
Il prezzo dell’oro è anche un indicatore della fiducia che i mercati hanno nel sistema finanziario, in quello economico e soprattutto nei confronti dei governi che li gestiscono. Durante gli anni ’90, quando tutti erano presi dall’euforia della vittoria sull’impero del male comunista, per usare una frase cara al Presidente Reagan, le quotazioni dell’oro sono rimaste basse. Anche ai tempi di Clinton e della vittoria di New Labour in Gran Bretagna, gli investitori si sono tenuti alla larga dal lingotto. La situazione è cambiata con l’inizio del conflitto iracheno, o meglio con la fine di quello ‘ufficiale’, nell’aprile del 2003, e con l’avvento della guerra civile. Il prezzo dell’oro è dunque una sorta di indice di gradimento dei politici ed al tempo stesso il barometro della loro futura popolarità.
Per chi si guadagna la vita in borsa è anche e soprattutto uno strumento speculativo, forse quello piu’ antico che esiste. All’inizio di questa settimana, Paulson & Co. Il leggendario hedge fund fondato da John Paulson, uno dei pochissimi che ha predetto la crisi del credito, ha acquistato l’11,3% delle miniere aurifere della sudafricana AngloGold Ashanti acquistandolo dalla Anglo American, una societa’ mineraria in gravi difficoltà. La decisione di investire pesantemente – Paulson ha speso 1,28 miliardi di dollari - riflette la volontà di ‘scommettere’ contro le politiche dei governi occidentali, tra cui il quantitative easing, con il minimo rischio. Le azioni della Anglo American, infatti negli ultimi 12 mesi sono scese da 36 a 11 sterline.

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