giovedì, aprile 24, 2008

 

L'addio di Parreira

Non mi ero perso la notizia di Parreira, ovviamente. Ecco il pezzo che ho scritto per il Manifesto (di ieri):

Il triste addio di Parreira «Africa, mia moglie è malata»
Il ct brasiliano lascia la guida della nazionale sudafricana per stare vicino alla consorte come accaduto a Cesare Prandelli nel 2004. A due anni dai primi mondiali neri della storia, il paese arcobaleno si affida a un altro tecnico carioca, Joel Natalino Santana

Nei giorni scorsi, le voci dell'addio ai bafana bafana di Carlo Alberto Parreira si erano fatte sempre più insistenti. Il tecnico brasiliano non aveva ancora preso la parola, che già i commentatori sudafricani iniziavano a far circolare i nomi dei possibili sostituti alla guida della nazionale: Eriksson, Scolari, Mourinho. L'attesa per i Mondiali del 2010 è spasmodica e questo inconveniente rischiava di intralciare il cammino della squadra verso il più importante appuntamento della propria storia. Lunedì il ct brasiliano ha reso pubbliche le sue dimissioni, spiegando di voler stare vicino alla moglie malata, come accaduto a Cesare Prandelli quando nel 2004 lasciò la Roma dopo pochi mesi per assistere la compagna di vita nella lotta contro il cancro. «Dopo 36 anni di matrimonio, come avrei potuto dire di no? - ha spiegato Parreira in lacrime - mia moglie ha bisogno di me». Il ricco contratto con la federazione sudafricana è passato in secondo piano, così come l'opportunità di conquistare l'amore eterno dell'Africa calcistica.
Il ct del Brasile che sconfisse l'Italia di Sacchi a Usa '94 non ha avuto vita facile in Sudafrica. I problemi erano cominciati ancora prima del suo arrivo nella Rainbow Nation, con l'annuncio di uno stipendio da superstar: 200mila euro al mese. Parreira aveva deciso di tornare nel continente nero dopo quasi quarant'anni dagli esordi alla guida della selezione nazionale ghanese nel 1967: in quel Paese, il brasiliano conquistò il primo trofeo da allenatore, portando il club del Kotoko alla vittoria della Coppa dei Campioni africana. Quella dei bafana bafana è stata la sesta nazionale guidata da Parreira, dopo Ghana, Kuwait, Emirati Arabi, Arabia Saudita e Brasile.
Ma i 15 mesi sulla panchina più importante del continente sono stati tutt'altro che semplici. Superata la diffidenza iniziale di quella parte di critica che non si spiegava come un Paese con una tale quantità di poveri potesse permettersi di pagare tanto un allenatore di calcio, Parreira aveva dovuto scontrarsi con la disorganizzazione dei padroni del calcio sudafricano: il brasiliano era arrivato a Joannesburgh con un visto turistico, fatto che aveva portato le autorità locali a minacciare pesanti sanzioni (addirittura l'arresto), nel caso in cui Parreira avesse assunto la guida della nazionale prima del rilascio del permesso di lavoro. «La legge è chiara - disse il portavoce del Ministero degli Interni Mantshele Tau - Parreira e il suo assistente non possono lavorare finchè le loro carte non saranno in regola. Non può nemmeno andare allo stadio o prendere nota davanti alla televisione perché quello di fatto è lavoro».
Superato lo scoglio burocratico, l'uomo che avrebbe dovuto guidare i sudafricani al Mondiale ha dovuto fare i conti con tutti gli altri problemi del calcio sudafricano. Poco dopo aver assunto l'incarico, lui stesso parlò del disastro trovato in ambito giovanile: «Questa è la parte triste. In Sudafrica, non esiste alcun programma di formazione giovanile. Non esistono campionati under 18, under 20 o under 16. E' assurdo. Non puntare sui giovani vuol dire rinunciare alla possibilità di sostituire adeguatamente i giocatori infortunati o vicini al ritiro. Finiti i Mondiali io me ne andrò, mentre il Sudafrica continuerà ad aver bisogno di campioni».
Ora Parreira se ne va, dopo una Coppa d'Africa non del tutto negativa (due pareggi con Angola e Senegal e una sconfitta con la Tunisia): l'obiettivo era quello di accumulare esperienza internazionale senza subire le batoste rimediate prima del suo arrivo. Le ultime amichevoli avevano dato un po' di speranza (3-0 al Paraguay), l'entusiasmo era cresciuto attorno a una squadra giovane e divertente. Poi la doccia fredda. Il suo posto è stato subito affidato a un altro brasiliano, Joel Natalino Santana, che ha lasciato il Flamengo ed è partito alla volta dell'Africa. Il successore di Parreira (che resterà comunque a disposizione come consulente tecnico per garantire un passaggio morbido alla nuova gestione) può vantare la vittoria del campionato carioca con tutti i grandi club di Rio de Janeiro (Vasco da Gama, Fluminense, Botafogo e Flamengo). Al 59enne tecnico carioca di certo non manca l'esperienza, avendo cominciato a girovagare nel lontano 1981 con l'Al Wasl, negli Emirati Arabi. Dopo quasi trent'anni sulle panchine più prestigiose del Brasile (con due incarichi in Arabia Saudita e uno in Giappone, al Vegalta Sendai), lascia la panchina del Flamengo da eroe: lo scorso anno aveva guidato i rossoneri dalla zona retrocessione fino a un piazzamento in Copa Libertadores. E, ora, la grande occasione della vita. Il Mondiale. Oltre a un sacco di soldi, se è vero quello che dice il vice presidente del Flamengo Kleber Leite: «Santana guadagnerà in 30 mesi quanto ha guadagnato in 30 anni di carriera. Davvero non avrebbe potuto rifiutare».

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