venerdì, gennaio 04, 2008
Lo stadio della discordia
(Immagine: Craniac)
Cari amici, rieccomi, dopo un periodo "a fasi alterne", con il pezzo che ho scritto da Cape Town per il Manifesto (03/01/08).
Nel Sudafrica che attende il Mondiale 2010, è già scoppiato il caso del costosissimo nuovo impianto di Cape Town
«No, sir, non è possibile avvicinarsi al cantiere, mi dispiace. E non può nemmeno parlare con gli operai: per questo serve un permesso speciale del Comune di Cape Town». Il custode di quello che sarà il Renaissance African Stadium è inflessibile: non mi lascia avvicinare né al cantiere né al personale che ci lavora. Certo, in questo mese di gennaio apriranno al pubblico la Green House, una sorta di baraccone multimediale in cui residenti e turisti potranno sentire, direttamente dagli organizzatori e dai responsabili del cantiere, quali meraviglie li attenderanno dal 2010. Ma il tempo è poco e i «filtri» renderanno comunque la visita poco istruttiva.
Impossibile, da fuori rendersi conto dello stato dei lavori, l'unica cosa certa è che mi trovo di fronte a un'opera faraonica, che prevede lo smantellamento di uno stadio già esistente, il Green Point da 20 mila posti, e la costruzione, da zero, di un impianto nuovo di zecca, quello dedicato alla rinascita africana, coi suoi 68 mila spettatori. Un impianto studiato per il calcio. In un quartiere bianco: chi vive qui è tifoso di altri sport, rugby e cricket su tutti, e non sa davvero che farsene di uno stadio per il soccer. Senza contare il fatto che, in Sudafrica, non esiste un sistema di trasporti pubblici e il viaggio verso il nuovo impianto, per la maggior parte dei neri di qui, sarà a dir poco proibitivo. E allora? Come realizzare un'opera come questa, all'apparenza inutile, senza creare una voragine finanziaria? É una domanda a cui i sudafricani stanno ancora cercando di rispondere. L'unica buona notizia, per gli amministratori di Cape Town, è che l'African Renaissance Stadium non figura tra gli impianti che i sudafricani hanno scelto come teatro della Confederations Cup 2009, ultimo e fondamentale banco di prova in vista dei Mondiali. Ma è davvero l'unica. Tra i dieci stadi che il Sudafrica ha promesso alla Fifa, il African Renaissance/Green Point è senza dubbio quello che sta dando più grattacapi agli organizzatori. Scioperi, ritardi, cause legali, mancanza di fondi, violazioni delle leggi ambientali (anche se Blatter ha di recente promesso bonus e aumenti di stipendio agli operai che non aderiranno alle proteste sindcali) sono solo alcuni dei flagelli che si sono abbattuti sugli amministratori di Città del Capo, fin da quando l'ex sindaco Nomaindia Mfeketo, dell'Anc, provò a intascare quante più bustarelle poteva distribuendo appalti quasi a casaccio. L'attuale Mayor della città, Ellen Zille, ebbe non pochi problemi a venire a capo della «fantasiosa» documentazione lasciata dal suo predecessore, arrivando a minacciare la sospensione (l'ennesima) dei lavori. Cercò di proporre aree alternative, promosse studi sull'impatto ambientale. Niente da fare, la macchina organizzativa si era già messa in moto e la prima cittadina dovette ammettere di non potersi permettere ulteriori ritardi (ma è rimasta celebre una sua battuta: «Non possiamo fare la fine di Montreal '76: lì, i nipoti stanno ancora pagando le olimpiadi dei loro nonni»).
I fondi per lo stadio che ospiterà una delle due semifinali scarseggiano (nonostante l'investimento governativo di quasi due miliardi di rand, circa 200 milioni di euro), al punto che il colosso dei giochi d'azzardo Gold Reef Resorts ha già offerto alla municipalità il proprio aiuto. La gara non è ancora conclusa ma i padroni dei casinò sudafricani sembrano in vantaggio. Dal tavolo verde al campo da gioco, in cambio di un'inezia: la gestione dello stadio, in esclusiva, al termine del torneo. Sì, perché l'accordo (ancora da perfezionare) prevede che il nuovo stadio ospiti appartamenti di lusso e un casinò, tutto di proprietà dei generosi biscazzieri. Considerando che, a Mondiali del 2010 conclusi, il calcio, lì, resterà solo un ricordo, forse la cosa migliore, per Cape Town, è cercare di sfruttare almeno il turismo dei giocatori d'azzardo e dei golfisti, visto che un altro punto «controverso» è il grande e lussuoso golf club che occuperà buona parte del terreno intorno allo stadio. Certo, la città dovrà affrontare l'enorme fabbisogno idrico di una simile struttura (centinaia di migliaia di abitanti della baraccopoli non hanno l'acqua a «casa»), ma gli affari sono affari.
Problema logistico. Al momento dell'assegnazione del Mondiale al Sudafrica, la Fifa accetta che Cape Town ospiti le partite della massima competizione calcistica a Newlands (in uno stadio da ampliare) o ad Athlone, impianto per cui la città aveva già speso 322 milioni di rand, in previsione di un parere positivo da parte della Fifa. Entrambi i siti sono perfettamente raggiungibili dai tifosi, il sistema stradale e ferroviario non dovrebbe essere del tutto stravolto e l'impatto ambientale sarebbe accettabile (senza calcolare l'afflusso di mezzi pesanti indotto dal megacantiere, attivo per più di tre anni, il «nuovo Green Point» subirà un surplus ingestibile di traffico in una zona residenziale, quindi non studiata per supportarlo.
Certo, per una semifinale, occorre uno stadio da almeno 68mila posti, ma è sufficiente far disputare le gare più importanti a Johannesburg, o a Durban. Ma Cape Town deve avere il meglio e i due precedenti progetti finiscono nel dimenticatoio, complici i vertici Fifa che, ufficiosamente, fanno sapere che un miliardo di telespettatori non apprezzerebbe vedere baracche e miseria, durante i Mondiali (Athlone si trova vicinissimo a un'immensa baraccopoli). Garth Strachan, portavoce dell'Anc, il partito di governo, rivela che Atlone era la prima scelta dell'African National Congress anche se entrambe le possibilità studiate in prima battuta sarebbero state preferibili al quartiere di Green Point, dove la costruzione del nuovo stadio ignorerà tutti gli studi ambientali effettuati e aggirerà persino il piano regolatore di Cape Town. Un chiarimento che non impedisce, come detto, all'ex sindaco Mfeketo di gettarsi sull'affare senza nemmeno cercare di nascondere la propria cupidigia. Uno dei vincoli imposti da Zurigo è l'assoluto rispetto dei marchi di proprietà della Fifa: questo significa che nessuno potrà servirsi del logo Fifa, o di quello del Mondiale, senza aver prima versato un cospicuo indennizzo nelle casse dell'organizzazione. Se tutto andrà secondo i piani, quindi, sarà improbabile imbattersi in venditori di merchandising contraffatto.
Chi godrà, insomma, dei benefici del Mondiale? I poveri, i disoccupati, che non potranno nemmeno permettersi il biglietto dell'autobus fino allo stadio? Improbabile. Eppure, la gente «comune», anche a Cape Town, continua a essere convinta che il Mondiale porterà benefici a tutti. Merito del governo Mbeki, abilissimo nel rivolgere a proprio vantaggio le polemiche riguardo ai ritardi nei lavori. Secondo il leader dell'Anc, tutti i problemi sarebbero frutto di una campagna anti-africana da parte dei bianchi razzisti e il modo migliore per fare in modo che l'Occidente si ricreda è quello di lottare uniti per non perdere il primo Mondiale africano della storia.
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