sabato, settembre 22, 2007

 

Mbeki e Zuma

Mi rendo conto, scorrendo gli ultimi post, che Sudafrica Duemiladieci sembra allontanarsi dal calcio per avvicinarsi di più (troppo?) alla politica, alla cronaca, al sociale. La spiegazione più immediata, lo confesso, è, di nuovo, la scarsità cronica di tempo. Sto portando avanti una serie di progetti (anche con l'Ambasciata Sudafricana di Roma) di cui parlerò a tempo debito e che -ci credereste?- sono come sanguisughe. Detto questo, termino il cappello e passo a due notizie Misna. Che è meglio.
I Paesi industrializzati non mantengono la promessa di alleviare la povertà, la fame e combattere il sottosviluppo nel resto del mondo. L’accusa è stata formulata oggi dal presidente del Sudafrica Thabo Mbeki (foto a sinistra), nel suo messaggio settimanale alla nazione. Ricordando che al Vertice del Millennio, nel 2000, l’Assemblea generale delle Nazioni unite aveva identificato diversi "Obiettivi del Millennio’" da raggiungere entro il 2015, Mbeki ha accusato la comunità internazionale di aver “tradito le speranze di milioni di persone”. Prendendo atto degli enormi ritardi con cui si è proceduto nella realizzazione degli Obiettivi per il Millennio, il presidente sudafricano ha detto che “l’Assemblea dell’Onu dovrà ammettere con onestà che le nazioni del mondo non sono state all’altezza delle solenni promesse fatte ai poveri in Africa e nel resto del mondo”. La Commissione economica dell’Onu ha calcolato che per il 2015 solo 13 Paesi riusciranno a dimezzare l’attuale percentuale di abitanti che vivono in condizioni di estrema povertà e 14 a guadagnare l’istruzione primaria universale. Sette Paesi raggiungeranno la parità di genere nelle scuole secondarie, otto ridurranno la mortalità infantile, mentre otto arriveranno a ridurre la mortalità causata dalla sindrome di immunodeficienza acquisita (sida/aids). “La risposta dei Paesi industrializzati al perseguimento degli Obiettivi del Millennio – ha detto Mbeki - suggerisce che questi Paesi non considerano l’eventuale fallimento della campagna una minaccia per loro stessi”. Nel 2000, adottando la Dichiarazione del Millennio, 189 esponenti mondiali si erano impegnati a eliminare la povertà estrema. Lo hanno fatto impegnando i propri governi a raggiungere otto obiettivi concreti entro il 2015: dimezzare la povertà estrema e la fame; raggiungere l’istruzione primaria universale, promuovere l’uguaglianza di genere, diminuire la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere la sida/aids, la malaria e le altre malattie, assicurare la sostenibilità ambientale, sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo.

Il Congresso dei sindacati sudafricani, (Cosatu) la potente confederazione sindacale del Sudafrica nonché esponente della coalizione di governo, ha scelto oggi l’ex-vicepresidente Jacob Zuma (foto a destra), come proprio candidato nella corsa alla guida dell’African national congress (Anc), il partito di maggioranza, che si terrà a dicembre nel Paese. Lo hanno annunciato oggi i suoi vertici al termine della conferenza dei delegati del Cosatu, durante la quale è stata approvata una risoluzione nella quale si raccomanda ai propri iscritti, che figurano anche tra quelli dell’Anc, di scegliere Zuma per la guida del partito. Per prassi, il capo dell’Anc diventa, in caso di vittoria elettorale del partito, anche presidente del Sudafrica. La scelta del Cosatu conferma le forti spaccature interne al partito di governo sudafricano tra la corrente di Zuma e quella del presidente attualmente in carica, Thabo Mbeki, che ha detto di essere pronto a concorrere per un terzo mandato alla guida del partito se richiesto. Zuma ha perso l’incarico di vice-presidente nel 2005 in seguito all’avvio di una serie di vicissitudini giudiziarie conclusesi nel nulla: assolto nel primo processo per stupro, Zuma ha salutato anche l’archiviazione, per mancanza di prove, del più grave processo per corruzione che lo ha coinvolto lo scorso anno. Le vicende legali di Zuma, che gode ancora di un forte sostegno popolare, secondo un’ampia parte dell’opinione pubblica sudafricana avrebbero risposto più a logiche politiche che giuridiche.

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