venerdì, luglio 13, 2007

 

Riprendiamo. Nuvole divine sopra il sudafrica.

Manco da un po', è vero, ma eviterò di menzionare l'incredibile sequela di problemi tecnici che mi hanno privato di una connessione per quasi tre settimane e vi rimando al sito di Radio Popolare per la versione completa dell'intervista a Tumi Makgabo, responsabile della comunicazione dei Mondiali di Sudafrica 2010.
Gli stessi inconvenienti di cui sopra mi hanno impedito di riportare l'articolo che il Manifesto mi ha pubblicato domenica 24 giugno. Eccolo:
Nuvole divine sopra il sudafrica.
ll presidente della Fifa Blatter ha assicurato che "solo" Dio può togliere al paese di Mandela i mondiali del 2010. Ma il rischio sicurezza e i ritardi nei lavori richiamano gli avvoltoi.
A poco meno di tre anni dal fischio d'inzio di Sudafrica 2010, primo Mondiale di calcio in terra africana, Sepp Blatter è volato a Città del Capo per fare il punto della situazione. Il padrone del calcio mondiale, da poco rieletto per acclamazione alla presidenza della Fifa, ha tracciato un bilancio positivo della sua due giorni sudafricana: «Dopo aver constatato di persona l'andamento dei lavori per i Mondiali 2010 - ha dichiarato - posso definirmi un presidente fortunato: tutto procede come nelle previsioni». Blatter ha incontrato anche il Presidente Thabo Mbeki e ha ribadito le ragioni per le quali la Fifa ha assegnato l'organizzazione dell'evento al Sudafrica: «Non è stato facile convincere le organizzazioni internazionali a fidarsi dell'Africa, ma portare il mondiale qui è stato un atto di giustizia nei confronti del movimento calcistico di questo continente». Retorica efficace da colonnello.
Dopo aver ammonito gli organizzatori a migliorare il sistema dei trasporti per non penalizzare gli spostamenti di tifosi e turisti, Blatter è scivolato nel tentativo di spazzare via le preoccupazioni riguardo alle condizioni di sicurezza che il Sudafrica potrà garantire: affermando che la criminalità è un problema che affligge tutte le grandi città del mondo, non solo quelle sudafricane, non ha fatto altro che rendere meno sgradevole una realtà tutt'altro che rosea. Se chiedete a un sudafricano cosa tema maggiormente, oggi, punterà di certo su povertà e criminalità, due problemi intrinsecamente legati l'uno all'altro. Il governo di Pretoria è finito sotto accusa per aver investito una cifra superiore ai 2 miliardi di euro nella corsa a questo Mondiale, togliendo fondi alla spesa sanitaria e alla costruzione di alloggi per i senza tetto (circa 2,5 milioni in tutto il Paese). La giustificazione è stata la "ricaduta" del Mondiale sull'intera popolazione sudafricana: dopo il torneo del 2006, la Germania ha visto un incremento del Pil dello 0,3%. Ma non è una scelta facile da spiegare a quel 50% di popolazione (nera, per lo più) che continua vivere sotto o a ridosso della soglia di povertà e che costituisce, per ovvie ragioni, il naturale serbatoio della criminalità più o meno organizzata. Se è vero, da un lato, che il Sudafrica ha già organizzato eventi importanti come i Mondiali di rugby e di cricket senza che si verificasse alcun incidente, lo è altrettanto il fatto che il numero di crimini (soprattutto furti e rapine) è in continua e rapidissima crescita. E l'aggressione subita lo scorso ottobre dal premio Nobel Nadine Gordimer non ha di certo facilitato il compito di quanti, in Sudafrica e alla Fifa, hanno il compito di minimizzare. Il comitato organizzatore, però, non sottovaluta il problema, anzi: i responsabili del calcio sudafricano sanno benissimo che quello della violenza è uno dei due fattori che potrebbero davvero far traslocare la coppa verso altri lidi (Germania? Australia? Stati uniti? Lo stesso Blatter ha detto che c'è la fila di paesi pronti a subentrare). E non ci tengono affatto a diventare la seconda "macchia" negli annali Fifa, dopo che la Colombia, cui era stata assegnata la coppa del 1986, se la vide soffiare dal Messico un po' per i narcos, un po' per il terremoto. Vittorio Emanuele Parsi, professore straordinario di Relazioni Internazionali nell'Università Cattolica di Milano, è convinto che Fifa e sponsor abbiano solo da guadagnare da un Mondiale organizzato in un Paese come il Sudafrica. Se, infatti, è innegabile che nell'immediato i rientri in termini di sponsorizzazioni e diritti tv sarebbero più consistenti in una realtà già consolidata, come la Germania per esempio, lo sono altrettanto le enormi potenzialità di crescita di un mercato ancora vergine e ancora da allargare ai "consumatori" neri. A sostegno di questa tesi sembra arrivare uno studio dell'Università di Città del Capo sulla nascente classe media nera, i cosiddetti "black diamonds" (diamanti neri), che sarebbe ormai l'elemento trainante della crescita economica sudafricana. L'altro fattore di rischio è rappresentato dai super pubblicizzati ritardi nei lavori per gli stadi che ospiteranno il torneo. La Fifa ha richiesto 8 stadi per lo svolgimento del Mondiale, ma i padroni di casa hanno deciso di presentare un dossier comprendente i progetti di 10 impianti. Gli uomini di Blatter hanno potuto constatare gli enormi progressi, ma non è detto che i lavori finiscano in tempo per tutti gli stadi. Anzi, la possibilità che il nuovo Greenpoint Stadium, proprio a Città del Capo, non sia ultimato in tempi utili, appare tutt'altro che remota. L'impianto dovrebbe ospitare una delle due semifinali (l'altra si giocherà a Durban) e questo ha dato modo al Segretario Generale della Fifa, Urs Linsi, di rilasciare gli unici commenti davvero negativi ricordando ai sudafricani che «il Mondiale si giocherà anche con uno stadio in meno, ma a rimetterci, in quel caso, sarebbero la credibilità e il prestigio dell'intero continente». I sudafricani non sembrano curarsene e proseguono nell'avvicinamento ai Mondiali nutrendo una fiducia forse eccessiva nella buona fede di Blatter e degli affaristi della Fifa: la coppa arriverà nella Rainbow Nation, punto e basta. Ne è convinta, per esempio, Nomvuyo Nokwe, Console Generale per il Sudafrica a Milano, una donna dotata di un entusiasmo travolgente: «Mr Blatter ha dato la sua parola». Eppure, se l'avvocato della Mastercard che ha battuto il governo mondiale del calcio in una causa milionaria, ha dichiarato che «Menzogna, inganno e malafede sono procedure standard alla Fifa», c'è poco da star tranquilli. Anche perché Blatter ha chiuso la sua visita sudafricana con una dichiarazione che invita agli scongiuri: «Solo Dio può fermare il Mondiale in Sudafrica». Solo Dio?

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