venerdì, febbraio 16, 2007

 

Il Sudafrica nel pallone

Matteo Fagotto scrive per Peacereporter un bel pezzo sulle difficoltà che sta incontrando Sudafrica 2010.
Sono, più o meno, le cose che stiamo dicendo da mesi su Radio Popolare, ma fa sempre bene ripeterle.
La Coppa del Mondo, costi quel che costi. A tre anni dai prossimi Mondiali di calcio, in programma per la prima volta nel continente nero, il Sudafrica ipoteca buona parte della sua credibilità internazionale nell’organizzazione di una manifestazione che le sta creando non pochi problemi. Nonostante gli appelli dei sindacati per un trattamento equo dei lavoratori e i costi esorbitanti che l’amministrazione dovrà sostenere per costruire nuovi stadi, in Sudafrica sono decisi a non farsi sfuggire di mano lo storico evento. Anche a costo di tagliare i fondi per le strutture sanitarie.
Costi. All’avvicinarsi delle scadenze per la costruzione delle nuove strutture, però, l’amministrazione sudafricana si scopre in bolletta: secondo quanto riferito dai vari comitati organizzativi con sede nelle città destinate a ospitare le partite, i prezzi per la costruzione di cinque impianti sportivi e per la messa a punto di altri quattro sarebbero lievitati ben oltre il budget di circa 900 milioni di euro messo a disposizione dal Tesoro. Il record nel rialzo dei prezzi va al nuovo Green Point Stadium di Città del Capo, i cui costi sarebbero cresciuti del 54 percento rispetto ai preventivi iniziali. Seguono lo stadio Nelson Mandela di Port Elizabeth (più 19,5 percento) e il King Senzangakhona di Durban (18 percento). Sovrapprezzi che ammontano a un totale di 214 milioni di euro, imputati principalmente alle imprese che si sono aggiudicate gli appalti, le quali si giustificano adducendo una mancanza di manodopera qualificata, l’inflazione e l’aumento dei prezzi per i materiali. Il Tesoro sudafricano ha già fatto sapere che non stanzierà ulteriori fondi, che dovranno quindi essere reperiti dalle varie municipalità. Ma intanto il tempo passa e i lavori non proseguono.
Ospedali. Il Paese sarebbe così a corto di fondi per l’organizzazione dei mondiali che avrebbe deciso di allocarvi le risorse inizialmente previste per due nuovi ospedali nel distretto di Northern Cape. Il locale Dipartimento della Salute, che nei giorni scorsi aveva denunciato il provvedimento, contattato telefonicamente non ha però confermato la notizia, limitandosi a rendere noto che “non possiamo rilasciare dichiarazioni, perché alcuni media hanno fatto confusione sulla vicenda”. Manipolazione dei mezzi di informazione o ordini dall’alto per mettere a tacere una decisione scomoda? A pagare le conseguenze della sfrenata corsa alla Coppa del Mondo non sono però solo gli ospedali: le organizzazioni sindacali internazionali hanno fatto appello alla Fifa perché tuteli i diritti dei lavoratori, garantendo loro dei minimi salariali. Un appello già lanciato – inutilmente - al Comitato Olimpico Internazionale in occasione delle Olimpiadi di Atene del 2004 ma che, se accolto dalla Fifa, potrebbe contribuire a rialzare ulteriormente i prezzi.
Vicini. A seguire con ansia le vicende sudafricane sono anche i Paesi confinanti, che sperano di approfittare del flusso di tifosi che si riverserà in Sudafrica. Paesi come la Namibia e il Botswana, che stanno allestendo strutture alberghiere per ospitare i turisti, hanno accolto con sollievo le rassicurazioni di Sepp Blatter, il capo della Fifa, il quale ha assicurato che i Mondiali si terranno in Sudafrica e che l’organizzazione non ha la minima intenzione di cercare un Paese sostituto. E se da una parte il ritardo nei lavori comincia a diventare preoccupante, dall’altra l’esperienza insegna che, bene o male, tutti i Paesi ospitanti la manifestazione calcistica più attesa sono riusciti a far trovare strutture quantomeno presentabili (Italia ’90 docet). La prima volta dell’Africa non sarà troppo diversa da tanti Mondiali precedenti.
Lunedì dovrei essere in onda (vi terrò informati) e, naturalmente, parleremo anche dei dati sugli ospedali sudafricani che Matteo riporta in questo pezzo.

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